I miei nonni hanno da sempre una pianta di cachi in giardino. Da bambina aiutavo la nonna a raccoglierli e, se non erano ancora maturi, li mettevamo insieme alle mele. Che bei ricordi…
La mia cheesecake in versione autunnale è senza burro: l’ olio di cocco è un ottimo sostituito e renderà la base decisamente più leggera. Per la crema ho utilizzato ricotta, Philadelphia senza lattosio, ma se non avete intolleranze potete ovviamente usare quelle classiche.
INGREDIENTI per la base:
400 grammi di biscotti digestive (o turco Galbusera)
6 cucchiai di olio di cocco sciolto
INGREDIENTI per la crema:
2 uova
200 grammi di Philadelphia sl
200 grammi di ricotta sl
1 yogurt bianco senza lattosio o vegetale
3 cucchiai di zucchero di canna
2 cucchiai di cannella in polvere
INGREDIENTI per la farcitura:
2 cachi maturi
Un cucchiaio di miele
Gelatina spray
PROCEDIMENTO:
Frullate i biscotti e unite l’ olio di cocco formando un composto omogeneo. Trasferite in una tortiera (mi raccomando la carta forno) e livellate. Lasciate in freezer per 15 minuti e nel frattempo unite la ricotta, Philadelphia e yogurt alle uova e zucchero mescolando con energia per evitare i grumi. Aggiungete la cannella e trasferite la crema sulla base ben fredda. Cuocete in forno per 30 minuti (finché la crema non sarà dorata) a 180 gradi. Preparare la farcitura è molto semplice: frullate i cachi con il miele e spalmate sulla torta non troppo caldo. Spruzzate abbondante gelatina in spray e servite dopo averla lasciata un paio di ore in frigorifero.
Chi ha detto che la cucina inglese è banale e noiosa? Io il “british food” l’ho adorato!
Distogliamo lo sguardo dallo stereotipo del fish & chips, un piatto comunque molto diffuso in tutta la nazione, ma che non caratterizza profondamente le tradizioni alimentari inglesi. Arrosti, brasati, stufati di carne accompagnati da verdure e patate sono la base di una tradizione culinaria apprezzata in tutto il mondo. La carne utilizzata per la preparazione dei piatti è quella comune di maiale, agnello, pollo o manzo, ma anche cervo, daino e capriolo.
Tra i piatti inglesi questi sono i miei preferiti:
– Arrosto della domenica (Roast sunday), composto da carne di manzo, vitello o pollo cotta per molte ore e servita con patate;
– Crown Roast Lamb, piatto composto da arrosto di agnello, pangrattato, mele, cipolle, sedano e limone;
– Likky Pie Leeks, carne di maiale e panna cotti al forno in pasta sfoglia (una delizia!);
-Fish and chips, merluzzo impanato e fritto accompagnato da patatine.
Passiamo alle tradizioni, anch’esse imperdibili:
– English Breakfast, la colazione inglese, dove le uova sono le regine, abbinate spesso a salmone, salsa al burro, pane tostato, funghi, salsicce, bacon e formaggio;
– Afternoon Tea (il famoso te delle 5), accompagnato da dolcetti e sandwich è una merenda ricca di tradizione;
– Christmas Pudding, un dolce tipico natalizio ricco di spezie, uvetta , miele e mandorle;
– “Aperitivo inglese”, in realtà a Londra non esiste il concetto di aperitivo come lo intendiamo in Italia: ci si ritrova semplicemente nei pub e si beve birra o vino senza un orario preciso . E gli stuzzichini si pagano a parte!
Ma dove mangiare a Londra? Questi sono i posticini che ho provato e che ho adorato:
SUSHISAMBA CITY: in zona Liverpool Street, al 38esimo piano della Hero Tower, un modaiolo ristorante giapponese con ispirazione brasiliana, che vanta una vista pazzesca sulla città. Un po’ turistico (sicuramente ho mangiato sushi migliori), ma avere Londra ai propri piedi non ha prezzo! Consiglio la prenotazione almeno un mese prima. Prezzo medio per gli standard londinesi.
CHENESTON’S RESTAURANT: all’interno dell’hotel a 5 stelle The Milestone, un ristorante che mi ha lasciata senza fiato. Un tuffo nel passato della Londra di inizio secolo. La tavola imbandita in stile vittoriano e un “butler” (maggiordomo) per ogni tavolo sono stati il contorno per una cena estasiante. Cucina inglese pura, con piatti tipici e una qualità eccellente. A discrezione dello chef potreste anche trovare il già citato “sunday roast”. Consiglio il “Braised haunch of Venison Croquette” (involtino di cervo brasato con purè di cipolle) e lo “Slow braised feather blade o f beef (guancia di vitello a cottura lenta).
HARWOOD ARMS: non ci crederete ma questo Pub ha una stella Michelin! Ero molto curiosa di provare piatti stellati in un ambiente che non fosse il solito ristorante formale e “ leccato” . Un locale giovane e allegro che si rispecchia nei suoi piatti tradizionali, ma rivisitati in modo semplice. Qui potrete assaggiare il Likky Pie Leeks e concludere con una Tarte Tatin buonissima!
IVY CHELSEA GARDEN: un luogo incantevole in uno dei quartieri più eleganti della città. Instagrammabile e curato in ogni dettaglio. Io ho provato la colazione (è aperto tutto il giorno fino a cena) e dalle varie proposte del menù ho scelto l’“English breakfast Vegetariana”, a base di uova in camicia, fagioli, avocado, formaggio alla piastra, funghi, tortino di patate e pomodori, accompagnato da una squisita salsa al burro e pane tostato. Diciamo che alle 9 di mattina, la vista dei fagioli mi ha un attimo messa in difficoltà, ma come si dice.. moglie e buoi dei paesi tuoi? Alle tradizioni non si comanda!
POPPIE’S: Tradizionale locale di fish and chips. Essendo una catena ce ne sono diversi in tutta la città, Io ho provato quello in Hanbury Street, vicino alla stazione di Liverpool Street. Location molto vivace e spiritosa, arredata con oggetti anni ‘50. Porzioni abbondanti e numerose tapas da poter abbinare al famoso piatto di pesce e patate. La qualità del pesce è buona e il fritto non invadente.
SKETCH: Meraviglioso locale pop, chic e di grande impatto. Sono 5 sale, ognuna con un arredamento diverso ispirato al cibo, all’ arte e alla musica. Aperto dalla colazione alla cena e vanta 2 stelle Michelin. Anche solo per un drink ne vale davvero la pena!
Trattoria al Fontanone (via dei Musei 47/a): in una delle vie più belle del centro della città, questa trattoria serve piatti tipici della tradizione bresciana e non. Location semplice ma curata, personale preciso e cortese e buon rapporto qualità prezzo. Consigliato il manzo all’olio, una prelibatezza!
Osteria del Savio (via Giovanni Piamarta 1): la classica osteria solo nel nome. Ho adorato i suoi interni e la raffinatezza dei suoi arredi, compresi alcuni resti romani. Cucina tipica ma rivisitata al punto giusto, senza strafare. Ottimi gli antipasti misti e carni con tagli di qualità. Prezzo adeguato alla qualità dei prodotti.
Trattoria Gasparo (via Gasparo da Salò 24): ruspante e bucolica in pieno centro storico. Consigliata per il pranzo della domenica, se si ha voglia di piatti cucinati come li preparava la nonna. Poche pretese: godersi l’ambiente e fare la scarpetta!
I Du de la contrada (Contrada del Carmine 18/b): se chiedi ad un bresciano dove mangiare tipico in città ti consiglierà sicuramente questo locale in zona Carmine. Semplice, con sedie in legno e menù scritto su una grande lavagna, è uno di quei posti dove ti alzi soddisfatto con il portafoglio ancora ben pieno. Menù che varia a seconda della stagione. Ottima la guancia ripiena.
Trattoria Nuovo Nando (via Amba d’Oro 119): la tartare qui è la regina. Preparata al momento è un antipasto assolutamente da non perdere. Ottimi i risotti, soprattutto quello al Teroldego rotaliano con sua riduzione, e pazzesca la Fiorentina, di una qualità eccelsa. Prezzo sopra la media, ma ottimo paragonato alla qualità dei prodotti.
Trattoria Porteri (via Trento 52): decisamente un’istituzione per i bresciani, uno dei miei posticini preferiti in città: romantico e profumato di belle domeniche in famiglia. Una passione che ha coinvolto due generazioni (fatevi raccontare la storia dal signor Porteri, di quando suo padre aprii la bottega, lui è uno spettacolo!). Nello stesso locale è presente la salumeria Porteri, che delizia i propri clienti con prodotti di altissima qualità del territorio fin dal 1875. Consigliati il manzo all’olio e la guancia di cinghiale. Ottimo rapporto qualità prezzo.
Osteria la colonna (Contrada del Mangano 8): intimo locale nascosto in una zona del centro della città, poco battuta ma molto “ vera”. Cucina casereccia fatta di piatti tradizionali e semplici, preparati seguendo le ricette delle nonne. Casoncelli al burro versato e arrotolato di pollo ripieno consigliati. Buon rapporto qualità prezzo.
Creminati (via della Valle 10): sono particolarmente legata a questo locale, perché è stato il protagonista del primo articolo della mia rubrica enogastronomica. Lo scelsi per la sua attenzione alla stagionalità dei prodotti e del menù, che di conseguenza cambiava continuamente. Gastronomia a vista con vendita di prodotti di alta qualità, e il signor Creminati che si aggira tra i tavoli con fare amorevole. Prezzo medio alto, ma giusto.
Vabbè le pere e il cioccolato… che coppia meravigliosa. I miei muffin senza glutine e senza burro sono leggerissimi, ma di una golosità pazzesca. Soffici e profumati si conservano per 3/4 giorni sotto una campana di vetro e si adattano alla colazione o ad un afternoon tea.
Provateli!
Ingredienti (per 12 muffin):
4 pere williams
50 grammi di gocce al cioccolato fondente
2 uova
4 cucchiai di acqua
3/4 cucchiai di zucchero (80/100 grammi)
1/3 bicchiere di olio di riso
1 yogurt bianco (anche senza lattosio)
250 grammi di farina di riso (2 bicchieri rasi)
1 bustina di lievito
Zucchero a velo qb
Procedimento:
Sbattete le uova con lo zucchero e l’olio formando un composto spumoso. Aggiungete quindi lo yogurt e la farina setacciata. Mescolate aggiungendo l’acqua pian piano e il lievito. Una volta formato un composto liscio e omogeneo, incorporate le pere sbucciate fatte a pezzetti e le gocce. Riempite gli stampini per muffin e infornate a 170 gradi per 35 minuti.
Una volta raffreddati cospargete con zucchero a velo e… assaggiate! 🙂
Halloween è alle porte ed era d’obbligo che una pumpkin pie uscisse dal mio forno, anche perché sapete che io adoro la zucca! La mia è una versione estremamente golosa: una variegatura di cacao e una copertura di cioccolato fondente: quest’ultimo, infatti, si lega in modo perfetto alla dolcezza e delicatezza della zucca, che essendo variegata accresce ulteriormente il contrasto. Immaginate una fetta tuffata in una tazza di the caldo davanti al camino in un pomeriggio uggioso e mettetevi all’opera!
Ingredienti:
500 g. di zucca delica (circa metà);
120 g. di farina integrale bio (1 bicchiere);
120 g. di farina di riso (1 bicchiere);
2 uova;
3 cucchiai di zucchero di cocco integrale bio (o zucchero di canna);
1/2 bicchiere di olio di riso;
1/2 bicchiere di acqua;
2 cucchiai di cacao amaro;
100 grammi di cioccolato fondente al 70%;
Estratto di vaniglia PANEANGELI;
Una bustina di lievito.
Procedimento:
Cuocere la zucca (in microonde o nel forno), tagliarla a pezzetti e frullarla. Sbattere le uova con lo zucchero e la vaniglia, quindi unire i due composti e mescolare; aggiungere di seguito le farine setacciate e il lievito. Infine versare l’olio e l’acqua. Dividere in due parti il composto e, in una di esse, aggiungere il cacao insieme a un cucchiaio di cioccolato fondente (sciolto in precedenza ). Versare una delle due parti a piacimento in una tortiera rotonda , e sopra di esse l’altra metà. Infornare a 180° per 40 minuti.
*Consiglio: per valutare la cottura di una torta inserite uno stuzzicadenti al centro: se rimane perfettamente pulito la torta è pronta!
A cottura ultimata lasciate raffreddare e spalmate il rimanente cioccolato fondente su tutta la superficie della torta!
Aspettare un paio di ore prima di servire, così il cioccolato si sarà indurito alla perfezione e creerà un guscio croccante.
I peperoni sono decisamente il mio ortaggio preferito! Mi fanno impazzire e grazie alla loro versatilità si adattano a tantissime ricette. Il pollo con i peperoni è un piatto tipico laziale, precisamente dei Castelli romani: accompagnato da crostini caldi per farci la scarpetta, può essere considerato un buon piatto unico e decisamente light.
INGREDIENTI (per 4 persone):
– 800 grammi di filetto di pollo (bio o acquistato da un produttore locale) – 4 peperoni rossi e gialli -1/2 bicchiere di brodo alle verdure – una carota grande – 1 gambo di sedano -concentrato di pomodoro (1/3 di tubetto) – 1 scalogno – una manciata di capperi – sale qb – prezzemolo qb.
PROCEDIMENTO:
Innanzitutto prepariamo i peperoni. Io, per accelerare i tempi, solitamente cuocio le verdure in microonde per 10 minuti prima di cucinarle (il peperone avendo poca acqua cuoce lentamente). Nel mentre soffriggo scalogno, carota e sedano con metà del brodo e un filo di olio. Una volta pronti i peperoni li trasferisco nella pentola, aggiungendo il concentrato di pomodoro e con il coperchio faccio cuocere per circa 20 minuti a fuoco medio. Intanto preparo il pollo tagliando i filetti in tre parti, ottenendo dei bocconcini non troppo piccoli. Quando la cottura dei peperoni è a buon punto aggiungo il pollo con i capperi e il brodo rimanente, e sempre con il coperchio, lascio cuocere per 15 minuti a fuoco lento.
Concludete con una spolverata di prezzemolo e un filo di olio e servite. Il piatto dovrà risultare cremoso e ben uniformato.
Aspettavo questo momento da anni. In realtà non sono mai passati di moda… diciamo che rimanevano nel cassetto di ognuna di noi aspettando l’occasione giusta o l’outfit perfetto per poter essere indossati: cerchietti, mollette, elastici non esattamente sobri sono la tendenza del momento. E voi cosa preferite?
Mollette: Di perle, di strass, loggate dai grandi marchi, portate singolarmente o in “gruppo”. Adatte per sdrammatizzare un outfit poco femminile o semplicemente per dare un tocco di classe ad un’acconciatura. Unica regola: evitate l’effetto gipsy per carità!
Elastici: Anni ’80 e paffuti o brillanti e perlinati. Anche la coda di cavallo a questo giro se la vuole tirare, e pretende di essere messa in bella mostra.
Cerchietti: Da vere regine! Blair Waldorf style! Cicciotto, slim brillantinato, a fascia o fioccato. Chi ne ha e più ne metta! L’importante è portarlo con stile e grazia, il cerchietto con la tuta? No grazie!
Questa crostata l’ho fatta sbagliando. Ebbene si: volevo realizzare un’altra ricetta, che mi frullava in testa da tutto il giorno, ma nel momento clou ho capito che mi sarebbe invece uscita una frolla pazzesca, e allora ho pensato: “Crostata sia!”. La farina di castagne è molto versatile, la sua dolcezza permette di zuccherare meno l’impasto e dona un sapore rustico e accattivante ai dolci: abbinata a creme di nocciole o al cioccolato è la morte sua.
Ingredienti per la frolla :
1 bicchiere e 1/2 circa di farina di castagne (180 gr);
1 bicchiere circa di farina di riso (120 gr);
1 tuorlo e 1 uovo intero;
2 cucchiai di zucchero;
1/2 bicchiere di olio di riso;
1 cucchiaino di lievito per dolci;
1/2 tazzina di caffè.
Ingredienti per la crema :
150 grammi di cioccolato fondente;
2 cucchiai di farina di castagne;
1 tazzina di caffè.
Procedimento:
Unite le farine con il lievito in una ciotola e aggiungere le uova, zucchero, caffè e olio. Mescolate con un cucchiaio di legno e successivamente a mani nude formate una palla liscia e omogenea (se tende a sbriciolarsi aggiungete un filo di olio). Non va messa a riposo in frigorifero: la farina di castagne tende ad asciugarsi molto e quindi va utilizzata subito. Stendete 2/3 della palla con un mattarello su un foglio da forno e posizionatela poi su una tortiera per crostate.
Nel frattempo mettete il cioccolato in un pentolino con il caffè e, una volta sciolto, aggiungete la farina di castagne e mescolate con forza fino ad ottenere una crema morbida e senza grumi. Farcite la frolla e chiudete la pareti formando un bordo un po’ grezzo. È una torta rustica e non deve essere troppo perfettina (almeno a me piace così). ATTENZIONE: le strisce non usciranno mai, è una frolla poco addomesticabile, meglio usare degli stampini o sbriciolare la pasta sopra la crema. In forno a 180 gradi per 25/30 minuti e avrete la casa che profuma di buono.
Se non si era capito le polpette sono il mio piatto preferito, e vorrei una laurea ad honorem in polpettologia! Potrei fiutare una polpetta a km di distanza, un po’ come fanno i cani con i tartufi. Di manzo, di pollo, vegetariane… esistono molte ricette. Ecco le mie :
POLPETTE AL SUGO : decisamente la mia versione preferita. Le sogno anche di notte! Ingredienti per 20 polpette :
– 800 gr di macinato sceltissimo (possibilmente biologico e acquistato da produttori locali), 30 gr di pane raffermo o 5 cucchiai di pangrattato, 2 uova, 2 cucchiai di Parmigiano reggiano o pecorino, 50 gr di mortadella frullata, prezzemolo qb, sale qb, pepe qb, passata di pomodoro al basilico possibilmente fatta in casa (oppure Mutti o Le conserve della nonna).
Preparazione: semplicemente unire gli ingredienti!!! Mescolando con un cucchiaio di legno evitando di trasformare il composto in una poltiglia, gli ingredienti devono amalgamarsi ma non spappolarsi. Nel frattempo, preceduta da un filo di olio, versate la passata in padella e formate delle palline cilindriche con le mani, che poi tufferete nel pomodoro!
Cuocere per 45/60 minuti a fuoco lento e servire.
Mi raccomando la scarpetta! 🙂
POLPETTE DI POLLO AL FORNO o FRITTE :
La versione light e la versione cicciona, in pratica. Per entrambe però gli ingredienti sono gli stessi (per 20 polpette): 800 gr di macinato di pollo (bio o acquistato da produttori locali), 2 uova, 4 cucchiai di Parmigiano reggiano, 5 cucchiai di pangrattato, prezzemolo qb, sale qb, salvia qb, 2 spicchi di aglio.
PREPARAZIONE: innanzitutto lasciamo il pollo un’oretta a mantecare con tutti gli aromi, compreso l’aglio, che poi è possibile togliere (e un filo di olio). In seguito procediamo ad unire tutti gli ingredienti e con un mestolo formiamo il composto. A mani nude formiamo le palline cilindriche e decidiamo se infilarle nel forno a 180 gradi con un filo d’olio per una mezz’ora o tuffarle in padella con dell’olio di semi di girasole; quando saranno “colorite“ al punto giusto da ogni lato, lasciatele raffreddare su una carta da cucina e poi godetevele!
POLPETTE VEGETARIANE: questa è la ricetta della mia nonna, che io ho leggermente modificato aggiungendo del tofu o del tempeh, per renderle più equilibrate dal punto di vista nutrizionale.
Ingredienti per 16 polpette: 150 gr di tofu o tempeh, 2 uova, 2 cucchiai di Parmigiano reggiano, verdure a piacere (zucca, carote, birre, peperoni), 3 cucchiai di pangrattato, prezzemolo qb, sale qb, pepe qb
Unite gli ingredienti frullandoli senza ridurli in poltiglia, formate le sfere a mani nude passandole nel pangrattato, infornatele su carta forno con un filo d’olio e cuocete per 30/35 minuti.
Vedere una città come Madrid in due giorni, per alcuni, può essere poco. Per me è invece un giusto compromesso e sapersi organizzare è fondamentale per non lasciare nulla al caso e non perdere troppo tempo.
Partenza da Orio al serio alle 6.30 con volo Ryanair (questo orario mi toglie sempre un po’ la gioia di vivere), colazione al volo e via verso la capitale spagnola (il volo dura circa due ore).
Atterrati vi troverete un aeroporto infinito con tantissimi bagni (questa cosa mi ha lasciata di stucco), ma niente panico armatevi di pazienza e raggiungerete l’uscita senza problemi.
Per raggiungere la città le opzioni sono tappeto volante, taxi o metro. Il primo era esaurito (ahah) il secondo troppo da nababbi, quindi la solita cara vecchia metro è stata l’ideale. La linea metro che collega l’aeroporto di Barajas con il centro di Madrid è la linea numero 8 (di colore rosa) che va dall’aeroporto al capolinea Nuevos Ministerios, con corse dalle ore 6 alle 2 di notte. Il tragitto dura circa 15-20 minuti.
Il nostro alloggio era in posizione molto centrale: Apartamentos Madrid Huertas, un buon rapporto qualità prezzo e un appartamento carino e pulito, stile loft.
La prima tappa è stata ovviamente la piazza principale: Plaza Mayor per poi spostarci, spinti da un certo languorino, al Mercato de Saint Miguel, un classico mercato “ in the city” per un aperitivo o un pranzo veloce: offre tapas di ogni tipo, birra e vino locale in un ambiente allegro e goliardico. Un bocadillo de calamares e un bocadillo chorosa (panini con calamari e prosciutto iberico) ci hanno rimessi al mondo, pronti per scoprire la città.
Ci spostiamo al Museo Reina Sofía: il biglietto costa 10 euro e potrete ammirare opere di Dalì, Miró e soprattutto Picasso, con la sua famosa Guernica.
A pranzo optiamo per La Taberna del Chato (C/ de la Cruz 35 y 8 . Andrés Mellado 88): un localino tipico e informale, dove ordiniamo una miriade di tapas il tutto accompagnato da fresca e ottima sangria. Porco iberico, tartare di steack, pollo fritto, tortilla: piccoli piatti ma grandi nei sapori e nella qualità servita. Con un rapporto qualità prezzo pazzesco: 34,75 euro in due.
Nel pomeriggio il Museo del Prado è la nostra meta: pensiamo sia giusto dedicargli tutto il tempo che merita. Con una collezione di 7.600 quadri e migliaia di sculture, il Museo del Prado espone opere d’arte spagnola ed europea. Accoglie i capolavori di pittori come Velázquez, El Greco, Rubens, Bosch o Goya.
Nel Prado contemplerete opere come “Las Meninas” di Velázquez,il trittico del “Giardino delle Delizie” di Bosch, “Le tre Grazie” di Rubens o “La Maja Desnuda” di Goya. Prezzo del biglietto: 15 euro, ed è gratuito dalle 18 alle 20 tutti i giorni.
A cena ci aspetta l’esperienza del Cocidonello storico Ristorante Malacatin (Calle de la Ruda 5) . Il cocido è un piatto eccezionale. Oltre ad essere delizioso, rappresenta una vera e propria istituzione a Madrid; una pietanza antichissima eppure ancora fortemente radicata nella vita quotidiana del madrileno moderno.
L’esperienza di mangiare un cocido fatto ad arte non dovrebbe mai mancare durante un soggiorno nella capitale. Infatti, persino il modo di servire e mangiare questa pietanza è tutto un rituale, un banchettare di molte portate, lungo varie ore, che rappresenta bene lo spirito gaudente e conviviale del popolo spagnolo, che accomuna anche noi italiani.
È uno stufato a base di ceci e vari tagli di carne, e verdure. Tutto viene cotto nel brodo per varie ore e poi servito in varie portate. Si inizia con il brodo e si conclude con le carni, tra cui la coscia di janbon. Poi ogni ristorante, ogni famiglia ha la sua personale ricetta.
Sinceramente non ho apprezzato la quantità della portata: nessuno e dico nessuno riuscirebbe a mangiarne più della metà, anche la cameriera (italiana) mi ha confermato la cosa giustificando il fatto dicendomi che il tutto poi viene riutilizzato per la preparazione di altri piatti, cosa che mi ha lasciata un po’ di stucco. Lo spreco in generale non mi piace, soprattutto quello di cibo. A parte ciò qualità/prezzo ottima e location caratteristica e fuori dal caos turistico.
L’ indomani non potevamo farci scappare la colazione domenicale del madrileno medio, ovvero i churros, bastoncini di pastella fritta serviti con una tazza di cioccolata calda in cui “intingerli” e goderne ogni morso. Noi abbiamo provato quelli della Chocolateria san Ginés, pasticceria storica (e anche un po’ turistica) della città.
Dopo colazione, prima delle 10 (per evitare code alla biglietteria) eravamo già in prima fila davanti al Palazzo Reale per la visita delle sue sale (prezzo intero 15 euro); dirimpettaia, invece, maestosa la Catedral del la Almudena, cattedrale gotica della città che merita un ingresso.
Per uno spuntino, o come nel nostro caso un aperitivo, da non perdere Il museo de Jamon, un vero e proprio oracolo del famoso prosciutto spagnolo (panini a 2 euro).
Una passeggiata al parco El retiro è quindi d’obbligo! E se siete romantici un giro in barca sul lago suo artificiale… aspettatevi lunghe code, ma armatevi di pazienza.
Consapevole del fatto che la paella non sia un piatto madrileno, ma valenciano o catalano, ho voluto comunque provare anche qui il famoso piatto spagnolo. Perché avete mai visto un tedesco che viene in vacanza in Italia e non se magna una carbonara? Che sia a Roma, a Palermo o a Bolzano? Il bar La Gloria la domenica (su ordinazione e dopo le 15) offre ai suoi ospiti la paella, che però, come mi aspettavo non mi ha entusiasmata. Molto buone invece le tapas, soprattutto il crostone con merluzzo affumicato.