Le torte di mele sono un classico intramontabile. Diciamoci la verità, a chi non piacciono? Ne esistono molte varianti, perché la mela si sposa benissimo con tantissimi ingredienti, creando un numero quasi infinito di ricette.
La cannella, con il suo profumo inebriante, è da sempre alleata con la timida mela che ne assorbe tutto il sapore speziato.
INGREDIENTI: 3 mele grandi, 4 cucchiai di olio di riso, 1 yogurt senza lattosio bianco, 3 cucchiai di zucchero di canna, 2 uova, 2 bicchieri (circa 240 grammi) di farina di riso integrale, 1 cucchiaino di cannella in polvere, mezza bustina di lievito.
PROCEDIMENTO: sbucciare le mele, tagliarle a cubetti e passarle in padella con mezzo bicchiere di vino, mezzo cucchiaino di cannella e 1 cucchiaio di zucchero. Unire gli ingredienti secchi e in un secondo momento le uova, l’olio e lo yogurt. Una volta che le mele risultano “cotte”, unitele al composto e aggiungete il resto della cannella. Versate il composto in una tortiera per ciambelle (io uso quella in silicone) e cuocete in forno per 35 minuti a 180 gradi. A colazione è il top! Se invece volete servirla dopo un pasto, abbinatela a del gelato al fiordilatte o alla crema, cosi trasformerete la vostra ciambella in un perfetto dolce da dessert.
Quando si pensa ai prodotti di beauty routine venduti al supermercato subito si pensa a qualità scadente e inci poco raccomandabili (inci: ingredienti di un cosmetico). Non fate questo errore, ultimamente anche nella grande distribuzione si possono trovare ottime alternative ai trattamenti casalinghi di marchi prestigiosi e costosi.
Ho provato e amato, in particolare, queste linee di prodotti per capelli che non potete farvi scappare:
BOTANICALS FRESH CARE di L’ Oreal: una gamma che comprende maschera, shampoo e crema post lavaggio. Non è 100% naturale, ma è vegano e i tanto odiati siliconi sono stati sostituiti con una particolare miscela di oli di soia e di cocco. Lascia i capelli molto morbidi e nutriti, senza l’effetto stopposo provocato da alcuni prodotti a capello asciutto. Anche la piega dopo la crema mi è parso tenesse di più. E, se avete a cuore l’ambiente come me, sappiate che il packaging è 100% riciclato!
HAIRFOOD FRUCTIS di Garnier : con il 98% di ingredienti di origine naturale e vegani, è una maschera pazzesca, che durante il periodo estivo ha reso decisamente più gestibile la mia chioma. È disponibile in tre gusti: papaya, banana, bacche di goji e madacamia. Io l’ho provata alla papaya e lascia un buonissimo profumo sui capelli, fino al prossimo lavaggio.
LINEA OMIA LABORATORIES PER CAPELLI: è il mio brand preferito. Ne sono consumatrice da anni, soprattutto perché ha una linea dedicata per la cura del viso, del corpo e dei capelli. Bunissimo inci e certificazione icea.
Agosto e un weekend nella capitale tedesca: il Muro, la porta di Brandeburgo, Alexanderplatz, una città vivace, animata, culturalmente stimolante e al secondo posto come metropoli più popolosa dell’Unione Europea con una forte immigrazione, in costante crescita. Proprio per questo anche l’aspetto enogastronomico si rivela poliedrico e multiculturale, capace di soddisfare ogni palato.
Ho scelto nelle mie cene berlinesi due locali in netto contrasto tra loro, per sottolineare come la tradizione che ogni essere umano ha nel cuore e nell’anima si manifesti soprattutto a tavola.
Il primo l’ho scoperto per caso, girovagando affamata dopo una mattinata tra musei e divertenti scorribande in monopattino (a Berlino ci si muove in modo alternativo!), nel quartiere Mitte: il graziosissimo QN Vegan Living ha subito attirato la mia attenzione con la sua proposta di cucina vegana vietnamita, in un ambiente accogliente e dagli arredi sud-asiatici.
Menù ampio con una corposa proposta di antipasti e portate principali: per iniziare opto per una nuvola di tofu ripiena di verdure e riso, delicata e gustosa, e a seguire un piatto di alga marinata ripiena di tofu su letto di germogli di soia e riso e gli immancabili noodle con tofu e verdure: il primo un tripudio di sapori travolgenti, il secondo semplice ma ben equilibrato nel gusto. Portate abbondanti e ottimo rapporto qualità prezzo.
Tra stinco di maiale, currywurst (la salsiccia insaporita con curry e ketchup), la schnitzel (la famosa cotoletta) e fiumi di birra, la cultura enogastronomica berlinese è decisamente votata alla carne, la regina delle ricette della nonna, che vengono tramandate da generazioni e generazioni.
Il secondo ristorante è quindi legato strettamente alla cultura tedesca: il Marjellchen è un locale romantico e caldo, dove passeresti la vigilia di Natale con la famiglia mentre fuori nevica.
Essendo di influenza prussiana, il menù offre – oltre ai piatti tradizionali – anche portate di selvaggina quali anatra e oca. Come antipasto opto per un petto d’oca di Pomerania bagnato con salsa di mirtilli e panna acida: gustata con il pane fatto in casa proposto è uno spettacolo. La portata principale prevede invece anatra arrosto con salsa dolce al miele e patata schiacciata stufata: sapori semplici, ma meravigliosi. Il tutto annaffiato da un buon Riesling della casa.
Porzioni più che soddisfacenti e conto appropriato, il tutto condito dalla simpatia dei proprietari che mi hanno fatto sorridere e sentire a mio agio con le loro allegre barzellette.
Se volete visitare il Bunker di Hitler (consigliatissimo) e siete nei paraggi per l’ora di pranzo fermatevi al Mabuhay Berlin-Indonesian Restaurant , spartano ed economico , potrete godervi ottimi piatti autentici indonesiani, in un locale fuori dai giri turistici e frequantato soprattutto da tedeschi in pausa pranzo.
Per un pranzo veloce o una cena all’insegna dello street-food, non si può infine lasciare Berlino senza aver mangiato almeno un Doner Kebab (il panino) o un Durum Kebab (sorta di piadina). Leggenda narra che il primo kebab sia stato creato proprio nella capitale tedesca nel 1972, dal turco Kadir Nurman. Si ha la possibilità di scegliere tra innumerevoli locali girando per la città, ma se volete andare sul sicuro Mustafa’s Gemuse Kebab sicuramente non vi deluderà: è stato eletto come il più buono della città, e serve anche una versione vegetariana della celebre specialità.
E prima di una cena nella capitale tedesca non vogliamo farcelo un aperitivino? per una vista sulla città Il Monkey Bar è un Rooftop modaiolo e animato dove sorseggiare ottimi cocktail o bicchieri di Riesling (abbondantissimi!!). Se siete in zona Pergamonmuseum (mi raccomando comprate i biglietti online perché la fila è pazzesca) fermatevi sulle sdraio in riva al fiume e ordinate una birra o un cocktail strampalato a base di Rum o Vodka.
Da quando l’ho scoperta non deve mai mancare in casa. A colazione, a merenda, come coccola prima di andare a letto: la granola mi ha sempre fatto impazzire, fin da piccina.
Esistono già pronte, di vari marchi, nei supermercati, molto buone ma spesso ricchissime di zuccheri e grassi; farla in casa invece, oltre ad essere semplice, è soprattutto molto più salutare e decisamente più light (che non guasta mai).
Ingredienti:
-250 g di fiocchi di avena, un bicchiere di acqua, 2 cucchiai di miele, mandorle qb, nocciole qb, 50 g di cioccolato fondente al 70%.
Procedimento:
Scaldare l’ acqua in una pentola sciogliendoci il miele. Tuffarci l’avena e gli altri ingredienti tranne il cioccolato. Trasferire il tutto su una teglia da forno e aggiungere i pezzi di cioccolato. Infornare a 180 gradi per 35/40 minuti.
Ah, i weekend enogastronomici! Due giorni di pura devozione a buon vino e buon cibo, che si concludono solitamente con un paio di Malox e ritenzione idrica anche sulle orecchie. Fine settembre, il clima si fa più mite, l’aria è frizzante e curiosa di un autunno appena iniziato, e un weekend per innaugurare la nuova stagione è quello che ci vuole. Langhe! Piemonte!
Organizzare questo tipo di gite fuori porta non è una passeggiata come può sembrare: la prenotazione per le visite alle cantine è fondamentale, e non tutte le aziende vitivinicole aprono al pubblico, quindi almeno una settimana prima sarebbe meglio stabilire un programma su dove mangiare, visitare e ovviamente dormire.
La soluzione a mio avviso migliore è un B&B: strutture calde, familiari ed economiche, rispecchiano perfettamente il mood della campagna, ed essere svegliati la mattina con il profumo di una crostata fatta in casa è decisamente estasiante. Abbiamo alloggiato a La Morra in provincia di Cuneo, una cittadina strategica per visitare le langhe, al B&B L’atelier di Pier Flavio Gallina, romantico ed immerso nella natura.
La nostra prima tappa è stato il Castello di Grinzane Cavour (via castello 5, Grinzane Cavour CN), una fortificazione medioevale meravigliosa, con all’interno un curioso museo sulle Langhe e sul vino (visitabile, biglietto intero 6 euro).
Un certo languorino e una certa sete ci spingono verso la Cantina Fratelli Ferrero a La Morra, una piccola realtà a conduzione familiare, dove il proprietario – dopo la visita – ci ha deliziati con la degustazione dei suoi vini e, tra una fetta di salame e un sorso di Barolo, ci ha intrattenuti con piacevoli racconti di vita di chi ha messo la propria esistenza a disposizione della terra, della natura.
Per il pranzo, invece del classico agriturismo, vi consiglio una chicca che mi ha gasata un sacco, il Picnic in vigna. L’ente per il turismo delle Langhe, Roero e Monferrato, in collaborazione con una gastronomia locale, organizza questi pranzi all’aria aperta, dove in autonomia si ritira il proprio cesto con il pranzo e si può andare a consumarlo in un campo, in una vigna, in una qualsiasi location. Il cesto prevede tutti prodotti locali: dalla torta alle verdure, ai salumi e formaggi del territorio, alla torta di nocciole.
Si prosegue poi verso Verduno(Cn) dove all’interno del suo castello ci aspetta la seconda visita ,con degustazione, alla sua cantina (www.castellodiverduno.it).
Un sonnellino veloce in B&B e via verso Alba, cittadina medioevale famosa per il suo tartufo bianco e la fiera internazionale a lui dedicata, che si tiene ogni anno tra ottobre e novembre.
Nessun suono di campanella accompagnato da grida di alunni felici per la fine delle lezioni, solo silenzio, surreale e romantico che avvolge l’Osteria Tasté a Tre Stelle Barbaresco (Cn), in una vecchia scuola elementare che pare uscita dal romanzo “Cuore”, nasce un locale che unisce perfettamente l’amore per la tradizione del territorio e la modernità gastronomica. Piatti cucinati come una volta, rivisitati al punto giusto senza dimenticare le vecchie ricette dei contadini locali con una particolare attenzione al km 0, tant’è che le verdure utilizzate per le pietanze provengono direttamente dall’orto del locale.
Il menù – originale nella formula – consente di abbinare più portate alla serie di antipasti che lo chef propone; famoso e territoriale vitello tonnato, lasagnette con salsiccia radicchio e raschera, coniglio al nebbiolo, torta alle nocciole con zabaione sono alcuni dei meravigliosi piatti che sicuramente non possono essere persi.
Un ristorante a tre stelle che merita un 5 stelle, un luogo che profuma di vecchi quaderni, di buon cibo e soprattutto di buon vino.
La colazione nel nostro B&B, il giorno dopo, è stata – come il mio fiuto per le cose buone aveva preventivato – la giusta carica per affrontare l’ultima cantina del weekend.
A Treiso (Cn) ci aspetta una giovane e simpatica famiglia, proprietaria dell’azienda agricola Runchet. Andrea pota le vigne e Beatrice ci accoglie sorridendo e in dolce attesa. Dopo una passeggiata tra i filari e una piacevole chiacchierata con Andrea, ci dedichiamo alla degustazione dei suoi vini il tutto accompagnato con ottimi prodotti locali. Ah, i weekend enogastronomici! L’avevo già detto?!
Avete presente la malinconia che ti assale la domenica sera? Quella tristezza mista ad un ricordo felice. Mille pensieri in testa che si accavallano. Come un libro sfogliato nella mente di tutto quello che è stato, con il sottofondo una canzone d’amore.
Il weekend mi fa un effetto strano. Lo aspetto tutta la settimana, lo bramo, lo vivo, lo assaporo come un amante nel letto. E poi quando se ne va mi manca terribilmente, come una donna lasciata nel letto nuda con i capelli arruffati e il rossetto sbavato sul viso.
Domani è lunedì e penso a cosa cambiare in meglio nella mia vita: forse questo è il senso del weekend, fermarsi e pensare. Cosa posso fare per sentirmi più viva? Più serena? Più felice? Il lunedì è il primo gennaio della settimana. Buoni propositi, diete detox mai cominciate, curriculum mai spediti, bollette mai pagate, persone mai chiamate. Forse domani è la volta buona…Forse…
Ah la crostata! Con la sua frolla profumata di burro e vecchi ricordi… credo sia uno dei dolci più amati e nostalgici. Chi non ha un pensiero legato a nonne e mamme che, armate di “panetto” burroso, creavano magie?
Io vi propongo una versione per tutti quelli che “oddio il burro no”, “ oddio sono a dieta”, o – povere anime – sono semplicemente intolleranti ai latticini (amici vegani non siete inclusi, qui le uova ci sono).
Ingredienti:
– 2 bicchieri di farina di riso (200 g), 1 bicchiere di farina 00 ( 100 g), un uovo e un tuorlo, 6 cucchiai di olio, 4 cucchiai (100g) di zucchero di canna o di cocco, un cucchiaino di bicarbonato, un limone grattugiato (non trattato), marmellata gusto a piacere fatta in casa (vi posterò la ricetta) o che non abbia una percentuale troppo alta di zucchero (la Rigoni di Asiago è ottima).
Procedimento:
Unite gli ingredienti secchi e formate una conca al centro dove, una volta buttato l’uovo e l’olio, lavorerete a mani nude per formare una palla dal composto liscio e non appiccicoso (se si sbriciola aggiungete un altro cucchiaio di olio).
Ponete la palla avvolta nella pellicola in frigorifero per una mezz’ora (ma se avete fretta andate a fare pipì e lasciatela risposare almeno 5 minuti per meditare).
Premessa: ci sono varie scuole di pensiero, dove da una parte la crostata deve avere rigorosamente le “strisce”, mentre dall’altra vige l’anarchia e ognuno può abbellirla un po’ come gli pare. Senza il burro la frolla è meno disciplinata, quindi vi sconsiglio le strisce per la vostra salute mentale, perciò una volta stesi i 2/3 della pasta su carta forno e posizionata su una tortiera di 22/24 cm siate fantasiose. Io solitamente uso delle formine da biscotto e mi diverto pure un sacco!
Che dire… se avete un budget illimitato (beati voi) andate e buttatevi! I negozi di lusso sono concentrati soprattutto nel tratto tra la 45th St e la 60th St della Fifth Avenue e sulla Madison Avenue nell’Upper East Side. Per i comuni mortali invece ci sono dei marchi e dei negozi in cui vale la pena comprare? Certo!
Macy’s, nella zona di Herald Square, è considerato il grande magazzino più vasto al mondo e per i turisti, presentando il passaporto, c’è anche l’11% di sconto per tutti i prodotti a prezzo pieno. Per trovare abbigliamento dei giovani stilisti, bisogna scendere invece verso Lower Manhattan e scoprire le boutique di SoHo e del Meatpacking District.
Consigliatissimi i mercatini delle pulci e del vintage, Brooklyn Flea è il mercato più amato (80 Pearl.st, Manhattan Bridge Archway). L’East Village è il quartiere dedicato a tutto ciò che è di seconda mano, ed e una calamita per gli hipster.
A Manhattan imperdibili sono i Century 21, dove potrete fare dei convenienti acquisti per l’abbigliamento, le scarpe, ma non solo. Prezzi stracciati, con sconti che arrivano fino al 65%, per capi delle migliori griffe uomo, donna e bambino.
Il Woodbury Common Premium Outlets è un pò fuori Ny, circa un’oretta in bus o in treno, ma ne vale davvero la pena: sconti sui grandi marchi e occasioni imperdibili.
Lo store di Apple sulla quinta per gli appassionati di tecnologia vi delizierà con prezzi più bassi rispetto all’Italia: un paio di AirPods, le ormai cuffie bluetooth, costano una trentina di euro in meno rispetto all’Italia.
E ovviamente non potete andarvene da Ny senza un gioiello di Tiffany: con un discreto risparmio rispetto all’Italia potrete vivere il sogno di Audrey Hepburn.
Nell’immaginario collettivo la cultura enogastronomica americana è composta prevalentemente da hot-dog, hamburger, patatine e altri famosi junkfood, senza dimenticare le famose Steakhouse e i tradizionali piatti di aragosta e granchio pescati nell’oceano. Eppure c’è molto altro. A New York, infatti, ci sono talmente tanti ristoranti che è possibile mangiare tutte le sere in un posto diverso per 64 anni, senza mai tornare nello stesso locale!
Nelle grandi metropoli, come appunto New York, convivono culture ed etnie differenti, e perciò anche la domanda e l’offerta nella ristorazione sono poliedriche.
Il mio viaggio culinario parte della colazione e da Andrew’s Coffe Shop ( 463 7th Ave): un classicone. Caffè americano servito in caraffe di vetro, piatti a base di uova e bacon e torri di pancake innaffiati con sciroppo d’acero e mirtilli. Tutto molto tipico, tutto molto americano.
Nella sofisticata Midtown, invece, sono stata piacevolmente deliziata dalla cucina libanese di Yara (319 E 53rd St,) locale grazioso e intimo dove ottimi falafel, hummus e bulgur vi faranno innamorare di questa cultura.
Dopo qualche giorno lontani da casa, però, cosa può mancare di più ad un italiano? Sicuramente un buon piatto di pasta. Per fortuna ci ha pensato Piccola Osteria Cucina, nella ridente Soho. a soddisfare i palati del Belpaese con una cucina semplice eppure eccezionale, tra pastasciutte inondate di sugo, polpo, vino bianco e cannoli, entrambi rigorosamente siciliani.
Dall’Italia alla Thailandia è un attimo. Dopo pochi isolati l’umile taverna Pure Thai Cook House (766 9th Ave #2) offre piatti tipici della tradizione thailandese, a base di riso, noodles, pollo, gamberi e latte di cocco.
E il Pastrami di Katz Delicatessen? Reso famoso dalla scena equivoca del film “Harry ti presento Sally”, non può mancare nell’agenda di viaggio a NY: un panino farcito con una carne di manzo marinata e affumicata tagliata in fette sottili e accompagnata da mostarda, che vale veramente la coda fatta per poterlo assaporare. Dall’East village al centro di Manatthan, infine, per una cena stellata al The No Mad (1170 Broadway and 28th street). Questo elegante e raffinato ristorante all’interno dell’omonimo hotel, frequentato dalla New york bene, si adatta nel migliore dei modi a una cena intima, ma non solo. Ottimo il pollo arrosto al foie gras e tartufo, vero must del locale. Eccellente l’anatra glassata. Servizio ineccepibile, adatto al clima.
La mia caccia ai luoghi della serie ” Sex & The city” ha compreso il Buddakan e la sua atmosfera cupa e misteriosa tipica dei locali di tendenza. In realtà la location pazzesca è l’unico motivo per cui vale la pena andarci: il servizio è opinabile e il menù basato su una cucina asiatica senza anima.
A Brooklyn ho assaggiato i famosi panini con granchio e aragosta, da Luke’s Lobster potete deliziarvi con questa specialità in un locale trendy, semplice e giovane. Potete trovarli in tutta la città e offrono un menù fisso ad un buon prezzo.
Oltre allo stomaco, questa città mi ha riempito l’anima: ho vissuto giorni intensi respirando a pieni polmoni ogni ventata di aria che New York mi ha offerto.
Ps. Non dimenticate di visitare Magnolia Bakery, che con le sue famose torte – tra cui la leggendaria Cheescake e la Redvelvet – vi farà brillare gli occhi e deliziare il palato!
Innanzitutto il mio consiglio più grande è quello di acquistare prima di partire il famosissimo “New York Pass” . Questo vi consentirà di poter vedere musei, attrazioni e partecipare ad attività di ogni genere (come ad esempio noleggiare le biciclette e scorrazzare per Central Park) con una spesa fissa, ovvero il costo del pass. Il prezzo può variare a seconda dei giorni di permanenza, ma vi assicuro che il risparmio è notevole!
Detto ciò, dieci giorni credo siano in media necessari per vedere e vivere la Grande Mela in modo adeguato e senza troppi stress: ricordate sempre che i primi giorni il fuso orario può causare brutti scherzi.
Il nostro primo giorno è iniziato molto presto, alle 6 del mattino eravamo già operativi, quindi abbiamo optato per la camminata al THE HIGH LINE, la vecchia ferrovia riqualificata che attraversa la zona del vecchio mattatoio: uno spettacolo, soprattutto vedere la città che si sveglia da un posto così magico.
Poi l’ immancabile visita a Time Square, il centro del mondo. Proprio come uno l’ha sempre immaginata: colorata, caotica e da togliere il fiato. Ma non vi preoccupate: ci passerete molte volte, perché essendo al centro di tutto incrocerete i suoi neon molte volte.
Quindi gli immancabili musei: MoMA, Metropolian e Guggenheim sono da non perdere. A prescindere dall’amore per l’ arte, rappresentano un patrimonio culturale vasto ed eterogeneo, e meritano quindi l’ingresso.
L’ American Museum of Natural History e il Whitney Museum of American Art non sono invece entrati nella mie grazie: il primo un po’ banale, mentre il giudizio sul secondo è condizionato dal mio scarso amore per l’arte contemporanea.
Da non perdere invece il museo dell’ 11 settembre e il monumento celebrativo alle vittime, nella zona Downton di Manhattan: commovente.
La Statua della Libertà e la visita a ELLIS ISLAND,sono piacevoli e rientrano in quelle attrazioni del sottogruppo “sono a New York, non posso non vederli“ , così come Wall Street e il suo celebre toro.
Una figata incredibile invece è assistere ad una partita di baseball allo stadio degli Yankees.
Immaginate: cappellino blu loggato, birra, hot-dog con cipolle, centinaia di tifosi americani che cantano l’inno con la mano sul cuore. Un’ esperienza indimenticabile, anche se io di baseball non ci ho mai capito nulla.
Su internet trovate tutte le informazioni e i biglietti costano dai 14 ai 20 dollari, quindi ne vale davvero la pena.
Anche una giornata dedicata a Brooklyn e Coney Island è d’obbligo. Il parco giochi iconico che si affaccia sull’oceano con la sua ruota panoramica Wonder Wheel è uno dei simboli della New York anti convenzionale, e forse più vera. Per una vista mozzafiato passate dall’East River State Park, non ve ne pentirete. Attraverso il quartiere Dumbo, da Brooklyn si torna a Manhattan passando dall’omonimo ponte: non siate pigri e godetevi la camminata, ne vale davvero la pena.
Appena arrivati a Brooklyn ho avuto la sensazione di essere dall’altro capo del mondo. Tranquilla ed europea, non mainstream e solare, con i suoi bistrot, i negozi vintage e i vicoli alberati residenziali. Meno chic, ma molto più vera di Manhattan.
Da non perdere anche Greenwich village, dove al 66 di Perry Street potete trovare l’appartamento della mia icona di vita, ovvero Carry Bradshaw, la mitica protagonista di Sex & the City. La zona è graziosissima e tranquilla, con le sue vie alberate e residenziali, le sue piazzette nascoste, i suoi negozi di cappelli e scarpe potrebbe essere il luogo in cui trasferirmi anche domani.
Come vi accennavo, Central Park va visitato interamente, ed avendo un diametro di 9,3 km, se non volete perdere troppo tempo e magari fermarvi a fare qualche foto o a bere un caffè nel pittoresco “Tavern on the green”, consiglio di affittare delle biciclette e godervi la spensieratezza di una visita nel parco in tutta la sua bellezza.
Rockefeller Center ed Empire State Building sono da non perdere, consiglio la visita del secondo all’imbrunire o addirittura a tarda sera per godervi una vista che vi rimarrà nel cuore per sempre. Noi siamo saliti l’ultima sera e con una tristezza infinita nel cuore ho salutato la città